La storia di Rosalind Franklin è raccontata nel libro “Rosalind Franklin, the dark lady of DNA” scritto dall’amica Brenda Maddox, si svolge nella prima metà del ’900.
Negli anni 40-50, superato il dramma delle guerre mondiali, tutti i laboratori scientifici del mondo sembrano focalizzarsi in modo direi quasi ossessivo sullo studio di una molecola che sarà poi definita la molecola della vita, il DNA. Alcune sue caratteristiche cominciavano ad essere note, si sapeva che era la molecola in grado di trasformare le cellule, si conosceva la sua composizione chimica ma non si sapeva come le diverse componenti si disponessero nello spazio, quale fosse la sua struttura tridimensionale. Questo problema poteva essere risolto secondo due strategie diverse: si poteva “immaginare” la molecola e inventarsi quindi un modello da validare successivamente in modo sperimentale oppure si poteva cercare di “fotografare” la molecola. Francis Crick e James Watson in Inghilterra e Linus Pauling in California stavano lavorando alla definizione di un modello e tra loro si era avviata una competizione abbastanza accanita, secondo una modalità prettamente maschile. Rosalind Franklin invece, completamente disinteressata alla competizione, cercò di produrre una “fotografia” del DNA facendo attraversare questa molecola da fasci di raggi X. Queste radiazioni hanno una lunghezza d’onda estremamente corta e sono deviati dagli elettroni che circondano una molecola. La diffrazione può essere registrata su una lastra fotografica in forma di macchie scure. Analisi matematiche della disposizione di queste macchie possono essere utilizzate per determinare la distanza precisa tra gli atomi. Nel 1952 la Franklin scattò la famosa foto 51 che rivelerà al mondo la struttura del DNA.
Nello stesso momento, a pochi metri di distanza, i colleghi Watson e Crick stavano probabilmente logorandosi nel tentativo di trovare delle prove a favore del modello a doppia elica, assillati dai progressi fatti dai colleghi americani e angosciati di non riuscire a pubblicare per primi il modello.
Rosalind aveva ottenuto la prova di cui loro avevano bisogno, ma i rapporti tra i tre colleghi erano pessimi. La chimica non aveva un carattere facile, era rigida e perfezionista, ma sicuramente era stata ferita dall’atteggiamento dei colleghi che avevano sempre avuto parole di scherno nei suoi confronti. Il collega Wilkins mostrò la foto 51 di nascosto alla Franklin ai due amici Watson e Crick che appena la videro si resero conto di essere davanti alla prova dell’esattezza delle loro teorie e si affrettano a pubblicare il modello del DNA vincendo al competizione con gli americani. Le loro testuali parole furono: “nell’istante in cui vidi quell’immagine rimasi a bocca aperta. Molti dei parametri vitali dell’elica erano lì”. E ancora: “senza quei dati la formulazione del nostro modello sarebbe stata altamente improbabile, se non impossibile”. Nonostante questo non mostrarono mai nessun segno di gratitudine nei confronti della collega. Soprattutto Watson ha sempre aspramente criticato “Rosy”, come la chiamava, che riteneva incapace di comprendere fino in fondo la diffrazione e le sue leggi fisiche, e quindi non sarebbe stata abbastanza intelligente da capire la struttura del DNA. La chiamava la “dark ” perché si vestiva sempre di nero, e di lei dirà: «Rosy non sarebbe nemmeno male se solo cambiasse il suo modo di vestire». Acquista allora significato il titolo della biografia, dove “dark” appunto si riferisce a questo nomignolo, ma vuol anche dire oscuro, sconosciuto. Rosalind Franklin infatti non avrà nessun riconoscimento per il suo lavoro.
Morirà a 38 anni nel 1958 uccisa da un tumore causato probabilmente dalle radiazioni a cui si era sottoposta durante i suoi esperimenti. Due anni dopo, nel 1960 Watson, Crick e Wilkins ricevettero il Nobel per la medicina proprio per il loro modello a doppia elica… per la collega Rosy nessuna parola.